1984


di George Orwell
regia di Simone Toni
con Massimiliano Bersani Tradii, Luca Carboni, Alberto Onofrietti/Gabriele Falsetta, Linda Montecchiani, Giulia Valenti/Silvia Pernarella, Federica Castellini/Stella Piccioni, Michele Di Giacomo, Stefano Moretti, Diana Manea, Erika La Ragione, Carlo Borsari, Annalisa Salis, Simone Toni, Camillo Rossi Barattini
musiche di Carlo Borsari
scene di Alessandra Gabriela Baldoni
disegno luci di Fiammetta Baldiserri
assistenti alla regia Diana Manea, Tania Govoni
foto di scena di Piergiorgio Raffaelli
in collaborazione con il Teatro Consorziale di Budrio

13-14 marzo 2010, Teatro Consorziale, Budrio
12-24 ottobre 2010, Teatro dei Filodrammatici, Milano
28 ottobre 2010, Teatro Gioco Vita, Piacenza
6 novembre 2010, Teatro Comunale, Predappio

 

PHOTOGALLERY

Laboratorio ’84

RASSEGNA STAMPA:

Simone Toni riscrive il capolavoro di Orwell-Sara Chiappori,La Repubblica
Geniali trovate del regista-Andrea Dispenza,www.saltinaria.it

NOTE DI REGIA
Questo spettacolo è il risultato di Laboratorio ‘84, ossia la prima tappa dello studio che ci porterà gradualmente allo spettacolo definitivo tratto dal romanzo di George Orwell.Credo sia importante rendere partecipe il pubblico anche di un lavoro “in progress” per due motivi fondamentali: in primo luogo credo sia interessante per lo spettatore, abituato a vedere prodotti finiti e irrigiditi dalla ripetizione, assistere a uno spettacolo-laboratorio. In secondo luogo questo tipo di approccio diventa un momento di confronto fondamentale per capire su cosa e come si deve intervenire per migliorare lo spettacolo. In questa fase di lavoro il nostro interesse si è focalizzato principalmente sull’analisi del romanzo, per questo chi immagina una rappresentazione di 1984 con telecamere e megateleschermi con proiezioni in 3D rimarrà deluso per il momento, dato che alcuni di questi elementi scenografici saranno introdotti solo nell’ultima fase di lavoro. Successivamente si è passati alla scelta delle parti del testo su cui lavorare: sono state selezionate alcune scene fondamentali in modo da rispettare per quanto possibile l’ossatura drammaturgica ed altre per non rinunciare alle tematiche filosofiche e alla particolarità del mondo descritto da Orwell. In seguito, abbiamo chiesto agli attori che hanno partecipato al laboratorio di lavorare divisi in gruppi, non modificando né tagliando le parti che apparivano più ostiche da recitare, come ad esempio la voce narrante in terza persona o le didascalie. Il risultato di questa fase di lavoro è stato abbastanza sorprendente e l’artificio teatrale che si andava creando è diventato una solida base di partenza.

La sensazione che si ha ora è quella di assistere a una particolarissima lettura del romanzo in cui gli attori rappresentano e recitano i diversi piani narrativi nella stessa dimensione spazio-temporale.

Tutto ciò potrebbe sembrare poco chiaro, ma diventa molto semplice ed efficace se applicato a 1984 in cui il protagonista è continuamente sotto controllo: l’attore che racconta la storia diventa nello stesso tempo colui che osserva e anche tutti i luoghi che descrive, mentre l’attore che vive la storia raccontata dal collega recita come se fosse solo, ignaro dei movimenti degli altri e interpreta la sua parte accerchiato dalla “scenografia parlante” che abbiamo scelto come convenzione teatrale per raccontare il nostro 1984.

Mettendo in fila le scene su cui ci siamo concentrati risultano quindi più persone che interpretano lo stesso ruolo. Questo suscita una sensazione di precaria omologazione fra i personaggi e allo stesso tempo li rende universali; accettando che i 13 attori in scena si scambino di volta in volta le parti abbiamo la sensazione che chiunque potrebbe essere il protagonista di 1984 e questo forse è uno dei messaggi che Orwell voleva comunicarci.

Simone Toni

Ho orientato la mia ricerca privilegiando contenuti linguistico grammaticali prima ancora che musicali. Orwell prefigura, ad oggi penso sia un tenero eufemismo, una società di individui che si riconosce (quindi che accetta senza condizioni la propria esistenza) nel quadro di un’etica comune descritta con il termine “Socing”. Una dottrina che si attiene a principi stabiliti. Ma l’ordine posto in atto per mantenere l’assetto sociale, incarnato nella figura del Grande Fratello, rivela una profonda (e aggiungerei) irrinunciabile natura contraddittoria. Il senso contraddittorio non va percepito come qualcosa di avverso o sfavorevole, anzi, nell’esercizio del controllo e del dominio delle menti messo in pratica dal “Partito”, la contraddizione implicitamente riconosciuta nelle parole viene messa al servizio di una logica manipolatoria con l’obiettivo di ottenere un maggiore controllo della mente degli uomini. “È infatti solo conciliando gli opposti che diviene possibile conservare il potere all’infinito”. Il “bipensiero” e ancora la “Neolingua” non rappresentano altro che l’oscuro disegno dei pochi che esercitano il dominio ed il controllo sui molti cercando di eliminare sfumature e colori che altrimenti arricchirebbero la sfera d’azione del pensiero: “A ogni nuovo anno una diminuzione del numero delle parole e una contrazione ulteriore della Coscienza…”.

Bene! Quest’ultima parola “Coscienza introduce il tema che più mi intriga nel cimentarmi sulle musiche di scena e che ritengo il contenuto fondamentale del romanzo: si tratta del tema legato al recupero della memoria. Oserei chiamarlo Riscatto. Perché non si tratta di una memoria di natura puramente intellettuale. No affatto! Winston non accetta più che il modello di esistenza proposto/imposto dal Grande Fratello sopprima il passato con deliberate menzogne spazzando via tutto ciò che fino a quel momento è appartenuto agli uomini: tradizione, memoria storica, cultura, coscienza. Dignità. La combinazione tra lo sforzo nella ricerca di memorie perdute e le rivelazioni oniriche descritte da Orwell all’interno del libro mi hanno stimolato nel produrre una musica vicina (almeno sotto il profilo estetico) al linguaggio jazzistico della tradizione etno-europea diffusa dalla celebre etichetta ECM tra la fine del 1970 e per tutto il ventennio successivo. Lavorando quindi per approfondire un certo linguaggio compositivo, ho unito l’impegno intellettuale nel penetrare i contenuti del testo sopracitati per cercare le suggestioni sonore da sovrapporre agli scenari che verranno realizzati. Ho pensato all’allestimento di un organico strumentale che condensi le esigenze timbriche della mia ricerca: Pasquale Mirra, vibrafono; Marco Frattini, batteria e percussioni; Roberto Batoli, contrabbasso; chitarra elettrica suonata dal sottoscritto.

Nell’augurare a questo lavoro il riconoscimento che merita, desidero giocare con i suoni della lingua francese citando un pensiero di Raymond Queneau che si accosta con semplicità al senso della lotta che Winston Smith e Julia praticano per conservare un granello di umanità: “Rêver e révelér c’est à peu près la même mot. Sognare e rivelare è press’a poco la stessa parola.

Carlo Borsari