Una vita spesa al telefonino. Ecco “l’uomo di superficie”

Corriere della sera di Bologna,30 settembre 2007, Massimo Marino

Questa volta a teatro il telefonino non si spegne. Perché di lui si tratta, del nostro terminale di comunicazione con il mondo, e di isolamento, dello strumento della nostra elettronica libertà o schiavitù, di quella ribalta portatile che ci permette di metterci in scena in treno, per strada, in ogni luogo. Simone Toni, giovane regista romagnolo di formazione ronconiana, si è ispirato al libro dello psichiatra Vittorino Andreoli per scrivere (e dirigere) La vita digitale una commedia a ritmi serrati, che passa dai sogno all’incubo al divertimento, mettendo in scena, con bravi, giovani attori, il nostro rapporto di odio, amore, dipendenza con il telefonino. Gustose macchiette e momenti riflessivi sulla nuova razza mutante, l’uomo di superficie, si alternano intorno al più maturo Stefano Corsi, che incarna, nella sua magrezza barbuta, i dubbi dell’autore. La conclusione? La macchina mostra ciò che è già nascosto nell’uomo, e la vita digitale può assomigliare alla vita vegetale. Questo dimostra il bel finale che lo spettatore può scegliere tra due opzioni. Naturalmente con un sms.